Quotidiana disinformazione digitale

Quotidiana disinformazione digitale

Ma perchè i giornali alimentano l’analfabetismo digitale? Per superficialità o c’è proprio del dolo? Non mi è chiaro ma intanto la situazione è drammatica! Ormai è da un pezzo che sottolineo le manchevolezze della cosiddetta comunicazione tradizionale, quella dei media pre-digitali come televisione e stampa, proprio nei confronti del digitale stesso in cui operano oggi e ne ho appena avuta l’ennesima conferma.

Ebbene, oggi apro la homepage del Corriere e scorrendo verso il basso m’imbatto in uno sfizioso titolo ad effetto: “I cinque segnali spia che rivelano che il telefono è stato hackerato”.

Incuriosito vado all’articolo che punta a Corriere Innovazione News del 10 dicembre (https://bit.ly/34bXeN7) e subito rabbrividisco. Trattasi del solito format a schede (tanto per ottenere qualche click in più) e fin qui nulla di strano ma capisco immediatamente che il target non può non essere il classico pensionato a cui hanno regalato da poco uno smartphone, viceversa non si spiegherebbe l’ovvietà dei cosiddetti “5 segnali spia” che sono da anni conosciuti da chiunque, per non parlare della Generazione Z.

Un elemento però cattura la mia attenzione, ovvero il continuo e costante riferimento a MobiWall, onesto firewall che garantisce quel minimo di protezione anche ai più sprovveduti. Certo, mica avrebbero mai potuto suggerire una VPN o un AD Blocker, lì ci avrebbero smenato in pubblicità e in tracciamento dati personali attraverso cookie di navigazione. No, quello giammai! Molto meglio in effetti scopiazzare un articolo del Fatto Quotidiano del 5 dicembre (https://bit.ly/38vb8NQ) in cui si parlava proprio di MobiWall! Lo si faceva peraltro con un taglio del tutto differente, ovvero sottolineando quanti dati vengono regalati a Google, Facebook e agli altri colossi del web che campano sulle spalle dell’insipiente navigatore dell’internet. Lì si sottendeva l’invasività di app e siti nei confronti della privacy, anche se il tutto appariva un po’ troppo come una vera e propria réclame, giusto per usare un termine desueto. Investo 3 minuti di numero e mi accorgo che:

  • l’azienda di MobiWall è italiana (sarà forse solo per quello che se ne parla?);
  • il Corriere sostiene che sia disponibile sia per iOS (e lo scrive sbagliato) che per Android (ma non è vero!);
  • se un utonto qualsiasi cerca MobiWall su Google Play trova MobiWol, firewall decisamente obsoleto e si inguaia senza rendersene conto;
  • se l’utonto di prima capisce che non si tratta della stessa app, si fionda su Google a cercarla e trova alcune APK che nulla c’entrano coi firewall e potenzialmente potrebbero portare schifezze pubblicitarie proprio sul telefono che voleva rendere più sicuro.

Dulcis in fundo trovo un articolo del 2 dicembre di Bitcity (https://bit.ly/35h4VDd) da cui è stato palesemente copiato tutto quanto ho decritto prima, usando in certi passaggi addirittura le stesse parole!

Bitcity – 2 dicembre 2019
il Fatto Quotidiano – 5 dicembre 2019
Corriere della Sera – 10 dicembre 2019

Ecco, posso dire che non ne posso davvero più? Da una parte c’è questo continuo banalizzare superficialmente argomenti che dovrebbero essere invece trattati con l’obiettivo di educare un paese come l’Italia in cui la scarsa conoscenza del digitale sta per trasformarsi in un vero e proprio dramma. Dall’altra abbiamo invece l’arroccamento dei media tradizionali nei confronti della libertà di diffusione delle informazioni quando si tratta di potenziali violazioni del diritto d’autore…sì, ma questo vale solo per i loro contenuti, non per quelli degli altri.


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